Che cosa sono le dislipidemie? E gli inibitori? Allora… le dislipidemie, in particolare i livelli di colesterolo trasportato dalle lipoproteine a bassa densità (C-LDL), rappresentano uno dei principali fattori di rischio dell’aterosclerosi e delle relative manifestazioni cliniche; citiamo, per esempio, l’infarto del miocardio acuto, l’ictus cerebrale e la vasculopatia periferica. Il loro trattamento è fonte di prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Numerosi studi clinici hanno dimostrato come una terapia ipolipemizzante, che mira alla riduzione dei livelli di C-LDL, migliori il risultato clinico per cause cardiovascolari. Una delle più recenti terapie innovatrici farmacologiche consiste nell’utilizzo dei farmaci inibitori della proproteina convertasi subtilisina/kexina 9, i PCSK9.
Le Linee Guida della Società Scientifica hanno il compito di monitorare i progressi dimostrati dalle evidenze scientifiche internazionali; in più offrono utili indicazioni per gestire il paziente affetto da dislipidemia. Numerose autorità sanitarie nazionali, inoltre, hanno formulato disposizioni per la prescrizione dei farmaci ipolipemizzanti. Qual è l’obiettivo? L’intento è quello sia di descrivere il ruolo chiave dei farmaci inibitori di PCSK9, sia di argomentare la loro efficacia e rapidità d’azione, in particolare in relazione al meccanismo di progressione/regressione dell’aterosclerosi e sia d’illustrare i nuovi criteri di rimborsabilità di tali farmaci, emanati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).
La glicoproteina PCSK9 agisce impedendo il distacco del recettore LDL (LDLR) da C-LDL, sulla superficie degli epatociti (cellule del fegato) o di altre cellule. Tutto ciò determina il deterioramento dei lisosomi e blocca l’interazione con il C-LDL e la successiva internalizzazione ed endocitosi clatrina-dipendente. I livelli circolanti di PCSK9 sono regolati dal contenuto intracellulare di colesterolo e, in particolare, la deplezione (diminuzione di una quantità di liquido o di un componente dell’organismo e la sua relativa condizione patologica) di colesterolo nell’epatocita ne stimola la produzione, per effetto di farmaci ipolipemizzanti.
L’utilizzo degli inibitori PCSK9 ha lo scopo di accumulare LDLR sulla superficie cellulare con aumento di clearance del C-LDL e riduzione dei suoi livelli. L’iniezione sottocutanea di 75 – 150 mg di alirocumab o di 140 mg di evolocumab, ogni 14 giorni, immette in circolo gli anticorpi che legano tutte le molecole circolanti di inibitori PCSK9, con un effetto che dura alcuni giorni. Associato alle statine ad alte dosi, tali anticorpi determinano una riduzione del colesterolo LDL del 46 – 73% in più rispetto al placebo e del 30% in più rispetto all’ezetimibe.
Per il controllo del rischio cardiovascolare vengono impiegati i farmaci ipolipemizzanti; se i livelli circolanti di C-LDL e se c’è correlazione con i fenomeni di regressione del processo aterosclerotico e degli eventi ischemici, allora vuol dire che i farmaci sono efficaci.
Alcuni studi hanno dimostrato come una dieta a basso contenuto di colesterolo e l’impiego di farmaci ipolipemizzanti potessero inibire la progressione delle placche aterosclerotiche. Risultato? Regressione delle placche. L’introduzione delle modalità di imaging intravascolare ha permesso la valutazione quantitativa e qualitativa di tale processo. L’utilizzo dell’ecografia intravascolare, associata alla moderna “istologia virtuale”, ha dimostrato una riduzione del volume dell’ateroma, una variazione nel contenuto lipidico e un rimodellamento positivo a carico della parete vasale.
L’introduzione di tecniche a maggior risoluzione spaziale ha evidenziato che una terapia ipolipemizzante sia efficace nello stabilizzare le placche aterosclerotiche instabili responsabili di SCA.
L’impatto degli inibitori di PCSK9 a livello delle placche aterosclerotiche stabili sarà oggetto dello studio HUYGENS, che è ancora in corso. L’ipotesi formulata dagli studi sull’imaging coronarico sta nel fatto che, riducendo farmacologicamente i livelli assoluti e percentuali di C-LDL, si stabilizza la placca aterosclerotica e si prevengono gli eventi cardiovascolari.
Lo studio FOURIER ha preso in esame pazienti con malattia aterosclerotica e livelli di C-LDL di almeno 70 mg/dl, in corso di terapia con statine. Tali pazienti hanno ricevuto
Dopo 48 settimane di trattamento, i pazienti che hanno ricevuto evolocumab hanno raggiunto un livello di C-LDL di 30 mg/dl. I pazienti che hanno ricevuto placebo hanno raggiunto 92 mg/dl. Il trattamento con evolocumab ha determinato una riduzione del rischio relativo del 27% di infarto del miocardio, del 21% di ictus e del 22% di rivascolarizzazione coronarica, mentre non vi sono state differenze significative in termini di mortalità per tutte le cause.
Il trial ODYSSEY OUTCOMES ha incluso pazienti con recente SCA, in terapia con statine ad alte dosi da almeno 2 settimane e con livelli di C-LDL maggiori o uguale a 70 mg/dl, colesterolo non-HDL maggiore o uguale a 100 mg/dl o apolipoproteina B maggiore o uguale a 80 mg/dl, randomizzati ad alirocumab o placebo, somministrati ogni 2 settimane. Il protocollo prevedeva che
L’analisi delle componenti dell’endpoint primario ha evidenziato una riduzione significativa di tutti gli eventi. Fanno eccezione
È stata confermata una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari indipendente dai livelli basali di C-LDL. È stato suggerito che il raggiungimento dei livelli di C-LDL inferiori a 70 mg/dl non è associato a eventi avversi; hanno dimostrato che tali agenti conferiscono un beneficio maggiore ai soggetti appartenenti alle categorie a più alto rischio cardiovascolare. Probabili problemi, associato alla somministrazione a lungo termine di tali agenti, risultano essere
Nel 2019, la Società Europea di Cardiologia e della Società Europea per l’Aterosclerosi (ESC/EAS) ha aggiornato le Linee Guida sulle dislipidemie. Tra le novità vi è l’introduzione della stima del rischio cardiovascolare globale e di nuovi target terapeutici di riduzione del colesterolo LDL.
Per quanto riguarda la stima del rischio cardiovascolare, si raccomanda di far riferimento al modello SCORE che permette di individuare categorie di rischio in base alla probabilità in 10 anni di sviluppare un evento cardiovascolare fatale. Ulteriori novità sono state introdotte per la corretta identificazione dei pazienti a rischio cardiovascolare elevato o molto elevato.
Per quanto riguarda i target terapeutici, la Task Force europea ha basato l’identificazione degli obiettivi sul concetto “the lower the better”: è stata enfatizzata la riduzione proporzionale del rischio di eventi cardiovascolari rispetto alla riduzione assoluta del colesterolo LDL, con un calo di circa un quinto del rischio, per ogni decremento di 1 mmol/l di LDL-C.
Le nuove Linee Guida mirano a garantire che i farmaci siano utilizzati nel modo più efficace possibile per ridurre i livelli di C-LDL che devono raggiungere target specifici.
Altre novità riguardano la gestione della terapia farmacologica e sottolineano l’importanza di quella ipolipemizzante combinata, assegnando un ruolo più importante agli inibitori di PCSK9. In caso di livelli di colesterolo LDL diversi da quanto previsto nelle varie classi di rischio cardiovascolare, le Linee Guida raccomandano d’iniziare il trattamento con una statina – dose massima tollerata dal paziente. Solo se non si raggiungono i target raccomandati, è da considerare una combinazione terapeutica, come l’associazione con un inibitore della sintesi del colesterolo, che permette un’ulteriore riduzione dei livelli assoluti di C-LDL.
Il ricorso agli inibitori PCSK9 è previsto come prevenzione per soggetti ad altissimo rischio cardiovascolare
Particolare attenzione è data ai pazienti con SCA. Secondo lo studio FOURIER, i pazienti in cura con placebo, inclusi nello studio entro l’anno da un infarto miocardico, presentano un rischio di eventi avversi pari a 1,5 volte superiore rispetto a quelli inclusi dopo almeno 12 mesi dall’evento. È stato dimostrato che maggiore è il rischio e maggiore è il beneficio che si ottiene con evolocumab.
Oggetto di studio resta il beneficio clinico che si ottiene introducendo inibitori PCSK9 durante la fase acuta di una SCA. Le nuove Linee Guida consigliano
Nel 2017 è stata completata, a livello nazionale, l’attivazione del registro dei farmaci sottoposti a monitoraggio sul portale AIFA.
Le determine n.172/2017 e 256/2017 prevedono che possano essere trattate, in regime di rimborsabilità con questi farmaci, le seguenti categorie, in prevenzione primaria, pazienti di età inferiore o uguale a 80 anni con
Con la determina n. 1771/2019, pubblicata nel dicembre 2019, è stata garantita una sorta di “fast-track” proprio per le categorie
A causa del potenziale impatto sul Sistema Sanitario Nazionale di una prescrizione di inibitori PCSK9 dispendiosa, però, non è stato modificato il livello limite di 100 mg/dl di colesterolo LDL, oltre il quale è garantita la rimborsabilità del farmaco.
Sono stati identificati tre scenari clinici nel contesto di pazienti affetti da SCA che potrebbero beneficiare dell’aggiornamento delle Linee Guida europee sul trattamento con inibitori PCSK9 e dei nuovi criteri di rimborsabilità AIFA (in caso di evolocumab) in termini di una migliore prognosi cardiovascolare. In caso di pazienti affetti da coronaropatia multivasale candidabili a procedura di rivascolarizzazione dopo 4-6 settimane, si raccomanda, durante il ricovero, il controllo del profilo lipidico. Se C-LDL è maggiore di 100 mg/dl occorrerà introdurre un inibitore PCSK9.
Nel caso di un infarto miocardico (con o senza sopraslivellamento del tratto ST) in paziente naïve – paziente che non ha avuto precedenti esposizioni terapeutiche a uno specifico farmaco – da terapia ipolipemizzante, si raccomanda l’introduzione della terapia statinica ad alta intensità durante la degenza, associando al primo follow–up di 4-6 settimane ezetimibe se C-LDL sia maggiore di 55 mg/dl e al successivo controllo un inibitore PCSK9 se C-LDL sia maggiore di 100 mg/dl. Occorre prendere in considerazione l’associazione con ezetimibe già durante la degenza in caso di pazienti con malattia coronarica multivasale, diabete mellito, arteriopatia periferica o livelli di C-LDL molto elevati; al successivo controllo, si raccomanda di aggiungere un inibitore PCSK9 se C-LDL sia maggiore di 100 mg/dl.
in caso di infarto miocardico (con o senza sopraslivellamento del tratto ST) in paziente già in terapia ipolipemizzante, si raccomanda, per i pazienti in esclusiva terapia con statine, l’introduzione della terapia statinica ad alta intensità associata ad ezetimibe durante la degenza, con l’aggiunta di un inibitore PCSK9, al primo follow-up, se C-LDL sia maggiore di 100 mg/dl; per i pazienti già in terapia con statine ed ezetimibe, si raccomanda una terapia con inibitori PCSK9 già durante la degenza se C-LDL sia maggiore di 100 mg/dl.
Terzo scenario: in caso di episodio recidivante di SCA (entro 2 anni dal precedente) si consiglia, per i pazienti in esclusiva terapia con statine, di introdurre la terapia con ezetimibe durante la degenza, aggiungendo, al primo follow-up dopo, un inibitore PCSK9 se C-LDL sia maggiore di 100 mg/dl; per i pazienti già in terapia con statine ed ezetimibe, si raccomanda la terapia con inibitori PCSK9 già durante la degenza se C-LDL sia maggiore di 100 mg/dl.
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