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28 Gennaio 2021La sincope: che cosa è?
Avete mai sentito parlare di sincope? No, non sto parlando della figura musicale che fa spostare l’accento dal tempo forte al tempo debole. Mi sto riferendo alla sincope cardiaca, comunemente chiamata svenimento. La sincope è definita una transitoria perdita di coscienza (TLOC) dovuta a un’ipoperfusione, cioè una riduzione del flusso di sangue a un organo o tessuto; in questo caso è cerebrale ed è caratterizzata da un’insorgenza rapida, da una breve durata e una completa ripresa spontanea. Thomas Lewis, cardiologo britannico, ha affermato che per sincope si intende la perdita della coscienza causata da deficiente afflusso di sangue dal cuore al cervello. A differenza delle altre due entità morbose che determinano, anch’esse, la perdita improvvisa e transitoria di coscienza, come l’epilessia e l’isteria, la sincope è stata considerata solo come una manifestazione sintomatica, ritenuta molto spesso di secondaria importanza e non è mai stata considerata, in un quadro clinico, degna di essere menzionata. Per fortuna, le cose sono cambiate con il passare degli anni. Mi preme sottolineare l’esistenza della presincope o la quasi sincope; essa è spesso mal definita e può avere svariati significati per diversi fornitori, ma denota uno svenimento vicino o un prodromo – cioè un segno o indizio che precede il manifestarsi di un fatto, di solito spiacevole – di sincope. La definizione più uniforme è “sentirsi come se si stesse per svenire ma senza un’effettiva perdita di coscienza”. La quasi sincope può durare da secondi a minuti. I sintomi possono essere accompagnati da una sensazione di vertigini, debolezza generale, calore, diaforesi o sudorazione, nausea, palpitazioni o visione offuscata. Ritornando alla sincope: la sincope cardiaca è dovuta ad aritmia bradicardica (disfunzione del nodo del seno, compresa la sindrome bradi-tachi, o disturbi di conduzione atrio-ventricolari) o tachicardica (sopraventricolare o ventricolare); è dovuta a cardiopatia strutturale (stenosi aortica, ischemia e infarto miocardico acuto, masse cardiache, mixoma atriale, tumori, etc…), malattie del pericardio e tamponamento cardiaco, anomalie congenite delle arterie coronarie, disfunzioni valvolari protesiche; infine, è dovuta a patologie cardiopolmonari o dei grossi vasi (embolia polmonare, dissezione aortica acuta, ipertensione polmonare).
Come ci si accorge della sincope cardiaca?
Fare una diagnosi di sincope cardiaca non è facile. La valutazione iniziale deve avvalersi di una buona anamnesi, incentrata soprattutto sulla modalità di presentazione della sincope e sul contesto in cui si è verificata. Successivamente si potrà eseguire un esame obiettivo completo basato sulla misurazione della pressione arteriosa e di altri parametri. È obbligatorio, in questi casi, sottoporsi a un elettrocardiogramma basale in sede di visita e, se necessario, a un holter cardiaco ECG delle 24 ore e a un ecocardiogramma transtoracico. Passiamo alla domanda che credo vi stiate ponendo e cioè: chi non deve sottovalutare il rischio di uno svenimento? I pazienti che già sanno di soffrire di una patologia cardiaca strutturale e coloro che presentano casi in famiglia di morte improvvisa sono quelli che NON devono sottovalutare il rischio di essere soggetti a rischio. È importante, inoltre, segnalare al proprio medico curante se la sincope è avvenuta durante uno sforzo, se, prima di svenire, il paziente ricorda una sensazione di cardiopalma o se, infine, c’è familiarità verso malattie genetiche, come la sindrome di Brugada, la displasia aritmogena del ventricolo destro e la sindrome di Wolff-Parkinson-White che possono portare a una sincope, soprattutto nei soggetti giovani. La sincope rappresenta, spesso, condizioni di difficile gestione dal punto di vista diagnostico, prognostico e terapeutico; il rischio professionale di mal-practice in questo campo è molto elevato (aumento del numero dei ricoveri e delle indagini diagnostiche non appropriate).
Epidemiologia della sincope
Da studi epidemiologici statunitensi, è stato stimato che almeno il 30% della popolazione sperimenti un episodio di sincope nel corso della vita e che la sincope rappresenti la causa di circa l’1-3% degli accessi in Pronto Soccorso e l’1-3% dei ricoveri ospedalieri – in Italia, la sincope costituisce l’1-2% degli accessi ai Pronto Soccorso e di tutte le cause
di ospedalizzazione. I pazienti che si recano in strutture di emergenza per sincope vengono, di solito, subito ricoverati e i tempi medi di degenza possono essere prolungati (in media 8 giorni); nei Paesi industrializzati, il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento della sincope nei soggetti anziani dovrebbero portare, in futuro, a un ulteriore incremento dell’impegno del sistema sanitario nei confronti di tale sintomo. Vorrei ricordare che queste cifre sottostimano il reale impatto clinico ed economico della sincope, in quanto molti pazienti non vanno direttamente in Pronto Soccorso, ma si rivolgono a un medico di fiducia.
I rischi di una sincope
Il rischio che la sincope possa essere dovuta a condizioni patologiche con prognosi infausta, che non lascia speranze, assieme alla mancanza di un gold standard diagnostico (un esame diagnostico più accurato), evidenziano il frequente ricorso all’ospedalizzazione e dell’utilizzo di numerose indagini strumentale di un certo costo. Tutto ciò, quindi, contribuisce ad aumentare la spesa sanitaria. La sincope, inoltre, a prescindere dalla condizione patologica a essa associata, nel 17-35% dei casi è responsabile di traumi o incidenti automobilistici e di fratture.
Quali sono le attuali difficoltà nel trattare con pazienti affetti da sincope?
La prima difficoltà che si incontra nella gestione del paziente con sincope è quella di differenziare quest’ultima da altre condizioni simili, non causate da ipoafflusso cerebrale, ad esempio epilessia, disturbi metabolici, TIA vertebrobasilare, ipossia (carenza di ossigeno), o se si tratta di una perdita di coscienza solo apparente, come drop attack (caduta improvvisa a terra), catalessia, isteria, cadute accidentali nell’anziano. La causa della sincope, molto spesso, però, resta di origine indeterminata alla fine del percorso diagnostico nel 15-20% dei casi in centri altamente specializzati. Testimonianza delle difficoltà gestionali della sincope è la diversità dell’iter diagnostico terapeutico ospedaliero seguito dai pazienti che afferiscono in Pronto Soccorso; sto parlando di esami inappropriati, cioè di numerosi esami strumentali costosi a bassa resa diagnostica, prolungata degenza ospedaliera, aumento della spesa sanitaria, non raggiungimento di una corretta diagnosi della causa di sincope.
Qual è l’iter di un paziente con sincope appena giunto al Pronto Soccorso?
Il paziente affetto da sincope che si reca al Pronto Soccorso dovrebbe rivolgersi al medico d’urgenza, il quale è responsabile della valutazione iniziale e dell’eventuale stabilizzazione clinica. Dovrebbero seguire esami clinici e strumentali – propri della valutazione iniziale -, in modo tale da differenziare le perdite di coscienza di natura sincopale, dalle perdite di coscienza che riconoscono meccanismi fisiopatologici diversi (neurologiche centrali, metaboliche, tossiche, psicogene). Un’accurata valutazione iniziale, basata essenzialmente su un’anamnesi patologica e dettagliata sull’evento, un esame obiettivo e un elettrocardiogramma 12D (a 12 derivazioni) potrebbero consentire di giungere alla diagnosi eziologica nel 30-50% delle sincopi. A questo proposito, è importante che anche il test della pressione arteriosa, misurata in clinostatismo, cioè in posizione orizzontale, e ortostatismo, in posizione verticale, venga effettuato quanto prima. Nella maggior parte dei casi, però, l’iter diagnostico e terapeutico non si conclude con la valutazione iniziale. Le linee guida raccomandano l’ospedalizzazione, in modo tale da poter eseguire accertamenti intensivi, per tutti quei pazienti con sincope indeterminata considerati ad alto rischio, cioè coloro che risultano affetti da cardiopatia ischemica, strutturale o scompenso cardiaco.
Istituzione della Syncope Unite
Sulla base di queste osservazioni, la Società Europea di Cardiologia ha sollecitato l’istituzione negli ospedali, sia all’interno del dipartimento di Emergenza che all’esterno (Cardiologia, Medicina interna, Geriatria) della Syncope Unit, cioè una struttura funzionale che si avvale di percorsi clinici predeterminati e con competenze multidisciplinari (cardiologiche, mediche d’urgenza, neurologiche, geriatriche, ecc.) e di un’organizzazione dei servizi diagnostici coordinata da esperti. Il ruolo della Syncope Unit è quello di orientare o gestire direttamente il percorso diagnostico-terapeutico delle perdite di coscienza transitorie di natura indeterminata e delle situazioni cliniche a particolare rischio (sincopi recidivanti, traumi da caduta frequenti, perdite di coscienza in categorie lavorative a rischio, ecc.); queste strutture dovrebbero rappresentare un punto di riferimento anche per il territorio e per gli ospedali limitrofi non adeguatamente attrezzati per la diagnostica completa delle perdite di coscienza e con le quali si dovrebbero attivare convenzioni.
Che ruolo ha l’OBI?
L’osservazione breve intensiva (OBI), per le sue caratteristiche funzionali e di flessibilità gestionale, può rappresentare l’ambito ideale dove la gestione diretta da parte del medico d’urgenza può diventare non solo compatibile, ma soprattutto funzionale all’applicazione corretta delle linee guida sulla sincope, integrandosi con l’attività ambulatoriale della Syncope Unit. L’OBI cioè, si presta molto bene al ruolo di Syncope Observation Unit, da un lato, consentendo il completamento dell’iter diagnostico in una quota rilevante di pazienti, e dall’altro, garantendo, tramite un monitoraggio prolungato e l’esclusione di patologie ad alto rischio, una dimissione sicura per i pazienti con sincope ancora indeterminata, i quali potranno, quindi, proseguire l’iter diagnostico in regime ambulatoriale presso la Syncope Unit.
Conclusioni
Tirando le somme di questa “bella chiacchierata”, potremmo dire che le parti più importanti da tener conto sono: la stratificazione del rischio è un elemento fondamentale nella gestione della sincope di natura indeterminata in Pronto Soccorso; l’OBI può esercitare una funzione chiave all’interno della Syncope Unit; è necessario condurre degli studi multicentrici per definire quali pazienti possano trovare reale giovamento dalla permanenza in OBI; è d’obbligo considerare la Syncope Unit come elemento essenziale di carattere prognostico, diagnostico, terapeutico ed educazionale nella ricerca della sincope.