Fibrillazione atriale
28 Dicembre 2020Sincope
16 Gennaio 2021La scorsa settimana abbiamo parlato della fibrillazione atriale – per chi non avesse letto l’articolo può trovarlo cliccando qui. Oggi parleremo di un altro argomento molto importante: l’ipertensione arteriosa.
La pressione
Non è possibile stabilire dei valori di pressione ideali, ossia che siano uguali per tutta la popolazione. La pressione, infatti, può subire delle variazioni in relazione
- al sesso
- all’età
- al peso corporeo
- dall’apparecchio utilizzato
- dall’ora del giorno
- dallo stato psicofisico
Tenendo presente tutto ciò, in età adulta si ritiene ideale una pressione contenuta fra 115-130 mmHg nei valori massimi (pressione sistolica) e fra 75-85 mmHg nei valori minimi (pressione diastolica). Valori eccedenti queste soglie determineranno una condizione ancora di normalità ma meritevole di periodiche misurazioni.
Ipertensione arteriosa: cos’è?
Si parla, invece, di ipertensione quando la pressione massima sarà superiore ai 140 mmHg e la minima ai 90 mmHg. La pressione arteriosa diventa, poi, a rischio laddove i parametri si elevano ulteriormente. Secondo il “Global Burden of Disease study, updated in 2008” Lawes, Hoorn, Rodgers: Lancet 2008; 371: 1513-18, l’ipertensione arteriosa colpisce circa il 40% della popolazione nei Paesi industrializzati e più sviluppati, ma la sua diffusione è in aumento in tutto il mondo, soprattutto tra i pazienti ad alto rischio.
Ipertensione arteriosa e mortalità
L’impatto dell’ipertensione arteriosa è destinato, purtroppo, a crescere ulteriormente a seguito di vari fattori tra i quali l’aumento della vita media e la riduzione della mortalità infantile in vari paesi del mondo. L’ipertensione arteriosa rappresenta una comorbidità, cioè la presenza contemporanea nello stesso soggetto di due o più malattie, in oltre l’85% dei pazienti con malattia cardiaca. A livello mondiale, l’ipertensione arteriosa è responsabile della morte di 7.6 milioni di persone ogni anno (13.5% del totale), della disabilità di 6.3 milioni di anni (4.4% del totale), del 54% di ictus e del 47% delle malattie coronariche (≈30% ESRD).
Quali sono le cause dell’ipertensione arteriosa?
La diagnosi d’ipertensione arteriosa si basa sulla misurazione della pressione arteriosa, eseguita dal medico con uno sfigmomanometro a mercurio, o da apparecchi che permettono un’auto-misurazione, che può essere effettuata dal soggetto stesso, senza l’aiuto di nessun altro. L’ipertensione arteriosa potrebbe essere correlata a condizioni cliniche preesistenti, come ad esempio
- particolari patologie renali
- disturbi ormonali
- patologie congenite
- aterosclerosi
- utilizzo di sostanze ad azione ipertensiva (farmaci, alcool, liquirizia)
- fattori genetici ereditari
- fattori ambientali, come lo stress, l’eccessiva introduzione di sale e l’obesità.
Nella maggior parte dei casi, però, non vi è una causa accertabile. Tra i fattori di rischio che potrebbero portare allo sviluppo dell’ipertensione arteriosa ricordiamo
- il fumo della sigaretta
- l’eccesso di peso corporeo
- la sedentarietà
- l’ipercolesterolemia, cioè i livelli elevati di grassi nel sangue
- il diabete
- lo stress
- droghe illegali
- basso consumo di frutta e ortaggi
- sesso non sicuro
- deficit di ferro
Quali sono i sintomi dell’ipertensione arteriosa che si manifestano?
La maggior parte delle volte, l’ipertensione arteriosa è asintomatica, cioè non si manifesta nessun disturbo specifico in particolare, anzi molti pazienti possono conviverci senza sapere di soffrire di pressione alta. Solo di rado, l’ipertensione è evidente con
- palpitazioni
- vertigini
- cefalea
- nervosismo
- stanchezza
- ronzii
- fosfeni (lampi di luce)
Terapia farmacologica
L’ipertensione arteriosa può essere, inizialmente, trattata senza farmaci, correggendo soltanto alcune abitudini dello stile di vita: quali
- la dieta
- l’abolizione del fumo
- la riduzione o l’eliminazione degli alcolici
- la pratica di una regolare attività fisica
Laddove necessario, lo stile di vita sano deve essere associato anche a una terapia farmacologica. Questa, dietro prescrizione medica, può prevedere il ricorso a
- diuretici
- beta-bloccanti
- ACE-inibitori
- calcio-antagonisti
- antagonisti del recettore dell’angiotensina II
Possono essere utilizzati da soli o in combinazione. Naturalmente, bisogna prendere in esame caso per caso, ma non è questo il luogo per farlo.
Terapie per un paziente iperteso
La riduzione pressoria è associata a una minore mortalità cardiovascolare ed è economicamente vantaggiosa. La terapia antipertensiva riduce la pressione e l’incidenza delle complicanze cardio e cerebrovascolari. La prevenzione cardiovascolare è in gran parte dovuta alla riduzione pressoria cui si associano le proprietà peculiari di alcune classi di farmaci che contribuiscono al beneficio. Il trattamento efficace dell’ipertensione arteriosa determina una riduzione della pressione arteriosa. L’efficacia della terapia antipertensiva dipende
- dalla riduzione degli elevati valori pressori
- dal raggiungimento di specifici target di intervento (i valori della pressione arteriosa devono essere al di sotto del livello di 140/90 mmHg), con un’ulteriore riduzione fino a limiti più ambiziosi (minore di 130/80 mmHg) nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare (ad esempio pazienti diabetici)
Che strategia utilizzare?
Tra le strategie per migliorare il controllo della pressione arteriosa ricordiamo
- una corretta identificazione dei pazienti
- un corretto uso dei farmaci (molecole/dosi)
- un ampio uso di combinazioni terapeutiche
- un miglioramento dell’aderenza alla terapia
I fattori da considerare nella scelta della migliore terapia di combinazione antipertensiva sono:
- l’aderenza
- la farmacodinamica
- l’efficacia
- la tollerabilità
- le caratteristiche del paziente
- il suo profilo di rischio cardiovascolare
- il target organ damage, che comprende lesioni microvascolari (nefropatia da retinopatia, demenza vascolare) e lesioni macrovascolari (ictus e infarti del miocardio)
- i costi
Strategie per migliorare l’aderenza dell’ipertensione arteriosa e la scelta dei farmaci antipertensivi
Le migliori strategie per un miglior approccio nei confronti dei pazienti che soffrono di ipertensione arteriosa sono
- l’identificazione dei pazienti poco aderenti alla terapia
- la diffusione dell’informazione e della motivazione nella popolazione (bisogna sensibilizzare la gente a misurare la pressione, a portare avanti uno stile di vita sano ed equilibrato, bisogna spiegare l’importanza dell’aderenza, promuovere l’educazione attraverso i mass media e i social network)
- l’utilizzo di farmaci antipertensivi che abbiano una buona tolleranza e farmaci di lunga durata in monoterapia – terapia che prevede l’uso di un unico farmaco – o in combinazione con altri farmaci
- la promozione e l’attuazione della semplificazione terapeutica e della flessibilità degli schemi terapeutici
Le nuove Linee Guida riconfermano le seguenti classi di farmaci per l’inizio del trattamento sia in monoterapia che in combinazione; tra questi ricordiamo i farmaci
- diuretici (tiazidici/clortalidone/indapamide)
- beta-bloccanti
- calcio antagonisti
- ACE-inibitori
- antagonisti recettoriali dell’angiotensina II
Vorrei sottolineare che gli inibitori del RAS (farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina) riducono l’ipokaliemia indotta dai tiazidici, gli edemi pretibiali indotti dai Ca-antagonisti, l’iperattivazione simpatica riflessa da Ca-antagonisti e diuretici; i Ca-antagonisti, a loro volta, riducono la tosse da ACE-inibitori.
È migliore la monoterapia o la combinazione di farmaci?
Volendo analizzare e dire se sia migliore la monoterapia o la combinazione di farmaci, potremmo sottolineare che
- la monoterapia: sarebbe più facile ascrivere efficacia ed effetti collaterali a un singolo farmaco, oppure che passare da una monoterapia all’altra può demotivare il paziente o, ancora, che ridurre l’aderenza e un aumento della dose di un singolo farmaco potrebbe risultare in una minore efficacia antipertensiva rispetto all’aggiunta di un secondo farmaco
- la combinazione di farmaci: la riduzione dei valori pressori è più rapida nella maggior parte dei pazienti, vi è maggiore probabilità di raggiungere un target pressorio e una minore probabilità di sospensione; inoltre, è stata dimostrata sinergia fisiopatologica e farmacologica e infine, ma soprattutto, prevede minori effetti collaterali
Ipertensione arteriosa in gravidanza
Prima di lasciarci, vorrei soffermarmi sulle donne gravide che soffrono di ipertensione arteriosa, detta anche ipertensione gestazionale, che si verifica nel 10-20 % delle donne in gravidanza e se non trattata può mettere a rischio
- la salute del feto
- la salute della madre
Cosa si intende per ipertensione gestazionale?
Con ipertensione gestazionale si intende un aumento transitorio dei valori di pressione arteriosa sopra i 140/90 mmHg (millimetri di mercurio) – PAS (Pressione Arteriosa Sistolica) maggiore e uguale a 140 mmHg e/o PAD (Pressione Arteriosa Diastolica) maggiore e uguale a 90 mmHg.
Come può essere?
Si parla di pressione arteriosa
- moderata se i valori rientrano tra140-159/90-109 mmHg
- severa se i valori sono maggiori o uguali a 160/110 mmHg
Questa condizione deve verificarsi in almeno due misurazioni consecutive, a distanza di almeno 6 ore l’una dall’altra. L’ipertensione arteriosa di questo tipo si diagnostica dopo la ventesima settimana di gravidanza, in donne prima normotese. La pressione, però, dovrebbe ritornare a valori normali entro 6-12 settimane dal parto.
Quali sintomi si manifestano?
L’aumento della pressione arteriosa può associarsi a
- mal di testa
- malessere generale
- nausea
- tachicardia
- può essere del tutto asintomatica
Per questo motivo, si consigliano controlli periodici. Le categorie con un rischio più elevato di ipertensione gravidica sono le donne
- alla prima gravidanza
- in attesa di un parto gemellare
- affette da ipertensione arteriosa cronica, malattie renali, diabete mellito
- che hanno affrontato una precedente pre-eclampsia (o gestosi)
Non esistono parametri particolari che permettano di individuare in anticipo una gravidanza a rischio di ipertensione gravidica. Dovrebbe risultare sufficiente effettuare gli esami ginecologici di routine.
Qual è la terapia?
La terapia non farmacologica da portare avanti consiste
- nello stare a riposo
- fare una dieta normale evitando una dieta iposodica (non è consigliabile il calo di peso nelle donne obese)
Nei casi di storia di pre-eclampsia: è opportuno prendere acido acetilsalicilico (75-100 mg) prima della 16esima settimana sino al parto. Se invece si parla di ipertensione arteriosa maggiore di 170/110 mmHg, la donna in attesa è obbligata a recarsi d’urgenza in ospedale. In caso di ipertensione arteriosa moderata o grave, gli esperti consigliano l’utilizzo
- del metildopa (FDA B), inibitore del sistema nervoso simpatico ad azione centrale
- della nifedipina (FDA C), un vaso dilatatore
- dei labetalolo (FDA C) e metoprololo (FDA D), due beta-bloccanti – in caso di emergenza, del labetalolo ne vengono somministrati 20 mg endovena, poi 40 poi 80 ogni 20 minuti fino a un massimo di 220 mg.
Ipertensione arteriosa: conclusioni
La riduzione della pressione arteriosa è il principale meccanismo di protezione dei farmaci antipertensivi. A parità di riduzione pressoria alcune classi di farmaci (e alcune specifiche molecole) presentano maggiori evidenze di protezione cardiovascolare; gli ACE-inibitori hanno evidenze di protezione superiori rispetto a quelle degli ARB (Bloccanti del Recettore dell’Angiotensina).
- Tra gli ACE-inibitori, il perindopril presenta solide evidenze per suggerirne l’impiego in monoterapia e in terapia di combinazione (duplice o triplice), lungo tutto il continuum cardiovascolare.
- Tra i diuretici, l’indapamide presenta specifiche proprietà che lo rendono probabilmente il diuretico di riferimento nel trattamento dell’ipertensione arteriosa.
Questa è la combinazione fissa nel singolo paziente per
- raggiungere e mantenere il target pressorio
- intervenire sugli altri determinanti di rischio (fattori metabolici, danno d’organo subclinico)
- garantire un buon profilo di tollerabilità
- aumentare le probabilità di aderenza/persistenza
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